parole · racconto

Marzo 2016

Educatore.

Ecco come vieni definito. In quella definizione tutti ci mettono qualcosa di personale, tutti ci mettono aspettative, richieste, recriminazioni, elogi, critiche, fantasie, spesso e volentieri abbagli, il più delle volte svalutazioni.

Educatore, termine che si regge su concetti realistici ed immaginari.

Educatore, figura professionale che si regge su di una persona.

L’educatore è una persona.

Spesso viene visto come un distributore automatico di interventi educativi, sorrisi, risoluzione di problemi, vocazione a fare del bene e di cure per chiunque, ovunque, in qualunque situazione ed in qualunque condizione.

Spesso viene dimenticata la persona che vive in questo educatore.

Una persona come tutte le altre. Una persona che passa attraverso giorni di sole e di pioggia, giorni di gloria e di infamia, giorni in cui la vita la tiene in mano ed altri nei quali la vita non sa nemmeno dove andare a cercarla. Una persona che vive, bene o male, barcamenandosi negli stessi problemi in cui si barcamenano tutto. Una persona che si esalta per le cose felici come tutti, una persona che affonda per le cose tristi come tutti. Una persona che porta dentro i segni che la vita gli ha inflitto e che cerca di gestire come ogni altra persona. Una persona che piange, ride, ama, odia, spera, dispera, fallisce, realizza, perde, vince, corre, arranca. Una persona che deve continuamente mediare tra sé stesso, i suoi valori, i suoi affetti, il suo lavoro, i suoi valori professionali, le relazioni, le giuste distanze e le giuste vicinanze, il passato, il presente, il futuro. Una persona che ha abbracciato uno scopo nella vita e lo persegue anche facendo l’educatore. non un supereroe, solo una persona che crede in un lavoro. Ci crede e si inserisce in un sistema lavorativo. Cerca di capirne i valori, gli scopi, la mission, il carisma. Cerca di capirli, farli propri e tradurli in operatività. Una persona che si crea una professionalità cercando di condividerla con le persone che, nel sistema, lavorano con lui. Una persona che affronta delle fatiche per fare tutto ciò. Una persona che ha la responsabilità professionale, morale ed umana dei soggetti a cui rivolge le proprie energie lavorative. Una persona che ha tra le sue mani la vita di altre persone, il futuro di altre persone, la quotidianità di altre persone, i dolori, i sogni, le speranze, le aspettative, le delusioni, le gioie, gli affetti, la fiducia. Una persona che, d’improvviso, si trova a dover affrontare dilemmi a cui la propria coscienza personale, in unione con quella professionale, pone sotto gli occhi. Una persona che deve optare scelte, una persona che si trova a doverle subire.

Una persona che vive in un ruolo professionale che gli chiede di decidere: mettere in atto scelte professionali imposte e non condivise oppure dare voce a quelle persone che gli sono affidate e che si af-fidano?

In sostanza questo è stato il marzo 2016. E’ stato trovarsi dinnanzi ad un dilemma gigante: chiudere la bocca, abbassare la testa, fare ciò che il padrone dice di fare dimenticando che, la persona a cui tale scelte, si riferiscono avrebbe bisogno di una cosa fatta in un altro modo? Azzerare ogni valore condiviso, coltivato in sette anni per sottostare in silenzio alla voce grossa di chi conta di più?

L’educatore si è risposto.

La persona si è risposta.

Fortunatamente, entrambe, si sono date la stessa risposta. Ci hanno messo poco tempo a farlo: venerdì alle 13,30 circa il dilemma si è materializzato e dopo poche ore, con un caffè in mano, entrambi, per voce sola, ponevano la domanda del secolo:

“Se questo è il sistema in cui mi chiedete di lavorare io me ne vado!”.

Potevano l’uomo e l’educatore essere negli stessi giorni nelle stanze del potere a cercare di portare la voce di due persone che rischiavano di subire una decisione lesiva per il loro futuro ed invece lasciare un’altra persona in balia di se stesso, degli interessi dei padroni e dell’indifferenza generale? Certo che non potevano. Non potevano perché i valori che portavano avanti da tutta una vita non lo tolleravano; non potevano perché significava tradire tutto ciò in cui credevano e per cui lavoravano; non potevano per semplice coerenza tra tutto quello che il sistema professa e li ha portati a professare e tutto ciò che il sistema stava permettendo accadesse. Non potevano per tanti altri motivi. Non potevano perché trovavano intollerabile che il mantenimento di falsi buoni rapporti potessero essere più importanti dei suoi bisogni.

Si, il fatto che si trattasse di lui è stata sicuramente una potente spinta ad aprire gli occhi. Tutti sapevano quanto era importante ed in maniera ugualmente importante sono stati immobili, quasi ad aspettare che la voragine sotto i miei piedi si allargasse al punto da potermi buttare sotto, tanto più in basso tanto quanto importante era per me.

Lì, in quel venerdì, ho avuto la certezza che me ne sarei andato. Poi vi spiegherò perché si è arrivati ad agosto. Leggerete una delle mie risposte e capirete come mai si è arrivati ad agosto, ma questo è un altro capitolo. Questa è solo una premessa su quel marzo, a breve gli altri passi cruciali di quel mese, dove incontrerete anche simpatiche figure che hanno avuto ruoli cruciali.

La persona e l’educatore sono felici di quel marzo, sanno che hanno provato a fare il tuo bene.

Tu non lo sai, chiuso in una campana di vetro che i padroni hanno deciso di costruirti.

Tu non lo sai e forse non lo saprai mai, ma io lo so e questo basta per non essere quello che cambia strada per evitare sguardi ed evidenti problemi di coscienza.

Dormo tranquillo e fallo anche tu.

10 pensieri riguardo “Marzo 2016

  1. L’ha ribloggato su Scelti per voie ha commentato:
    Splendido. Magari tutti si comportassero così anche se… spesso nella mia vita mi sono trovata a chiedere se piantare tutto e andarsene sia la soluzione più funzionale, visto che si lascia tutto com’è in mano ad altri, o non sarebbe meglio restare per poter adottare dall’interno la politica dei piccoli passi. A patto però di non cambiare, a patto di, a forza di cedere, adattarsi, accettare un piccolo compromesso, non si perda di vista che siamo persone diverse che credono in cose diverse che stanno lì per uno scopo diverso.

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    1. Grazie mille per il supporto. Condivido pienamente i piccoli passi fin quando il sistema non ti costringe a farli nel verso sbagliato!! Nei prossimi articoli si capirà meglio. Tu continua a crederci, alla fine qualcosa di buono poi si può ancora fare!

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      1. Ti seguirò volentieri. Il fatto che l’educatore, lo psicologo, o anche il prete che sia, siano esseri umani con le loro luci e le loro ombre pare assai difficile a tutti da metabolizzare.

        Io ricordo sempre nel film “Compagni di scuola”, quella che era diventata psicologa e da cui tutti andavano a piangere che a un certo punto scoppia e si mette a urlare che è una donna anche lei, un essere umano anche lei, l’hai visto?

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  2. Caro collega, ti invito a seguire la pagina Facebook Educatori, Educazione, Comunità. È previsto un incontro, in data da definire, a Milano. Un momento di incontro e confronto, un’ occasione per prendere coscienza della nostra situazione lavorativa sul piano sociale, culturale, sindacale.
    Bentrovato, Davide! 😊
    P. S. Io mi sono dimessa a giugno.

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