Tanti anni fa, un piccolo bambino scrutava il mondo. Non si accontentava di conoscere: doveva capire. Rimaneva bloccato quando non capiva, rimaneva a porsi la stessa domanda per giorni o per settimane. Non gli bastava trovare la risposta giusta, non si accontentava di impararla: doveva capirla. Aveva una risposta illuminante dalla sua amata nonna. Lei sapeva sempre tutto; rispondeva a qualsiasi domanda, mescolando tutto ciò che la sua semplice e dura vita le aveva insegnato. Lui la ascoltava amandola, con una fiducia che non contemplava limiti, senza mai dubitare di lei. Si fidava, l’amava e le poneva tutte quelle domande a cui non veniva a capo da solo. Aveva cinque anni e faceva proprio caldo quel pomeriggio. Aveva da un po’ una nuova domanda che gli ronzava in testa. Forse gli ronzava più nel cuore in realtà. Era una domanda grossa questa, una di quelle che sapeva di poter fare solo a lei. Una domanda che parlava di due cose tanto diverse tra loro, ma che aveva sentito tutte e due in un solo discorso. Era un po’ preoccupato perché non sapeva se erano davvero due cose che potevano stare insieme, forse aveva capito male. Temeva di fare una brutta figura ma sapeva che lei, al massimo, ne avrebbe sorriso piena di tenerezza. Sì, aveva deciso. Quel giorno avrebbe chiesto la sua domanda, avrebbe chiesto di capire se i bambini e la morte possono stare nello stesso discorso. Anzi, avrebbe chiesto alla sua adorata nonna dove finiscono i bambini che muoiono nella pancia della loro mamma. Si, perché aveva sentito che succedeva questa cosa, anche se non era sicuro di aver capito giusto.
L’ha ribloggato su Alessandria today.
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